Il potere del linguaggio: una ricerca con le ostetriche inglesi

Di Christine M. Furber, PhD, MSc, RM, MTD, Ann M. Thomson, MSc, BA, RM, MTD (Professor of Midwifery)
Traduzione a cura della dott.ssa Panzeri Martina

Introduzione

Una comunicazione efficace è fondamentale per lo sviluppo di un rapporto di fiducia nelle interazioni professionali (Zoppi e Epstein, 2002; McCabe e Timmins, 2006). Durante la gravidanza, la comunicazione efficace con gli operatori sanitari è essenziale per facilitare un incontro che sia emotivamente soddisfacente ed abbia un esito sicuro per la madre e per il bambino (Dickson, 1997; O’Driscoll, 1997). L’ostetrica è di solito il principale caregiver delle donne in gravidanza nei paesi sviluppati [Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), 2000]. Inoltre, in una revisione sistematica della letteratura, Nicholls e Webb (2006) hanno identificato le “buone capacità di comunicazione” come la più grande qualità che caratterizza una “buona ostetrica”. La comunicazione risulta un’abilità complessa (McCabe e Timmins, 2006). La comunicazione sociale richiede poco sforzo consapevole, ma affinché la comunicazione soddisfi i bisogni delle donne durante la gravidanza è necessario un coinvolgimento a un livello più profondo (Murray et al., 2006). Una comunicazione di successo implica un mix di abilità interpersonali tra cui: ascolto efficace e attivo; linguaggio del corpo appropriato; uso competente della lingua; osservazione, interpretazione e risposta adeguata alle capacità interpersonali delle persone con cui si sta conversando (O’Driscoll, 1997; McCabe e Timmins, 2006). Tuttavia, alcune donne inglesi hanno riportato racconti contrastanti relativamente alla comunicazione con gli operatori sanitari che forniscono assistenza (Redshaw et al., 2007). Hod Dinott e Pill (2000) hanno notato che i professionisti mostrano un atteggiamento autoritario, nello specifico la comunicazione era unilaterale e mancava di facilitazione e aveva un approccio paternalistico. Questo è deludente dato che il lavoro in partnership e l’empowerment sono principi fondamentali di assistenza nei servizi di maternità inglese [Dipartimento della Salute (DoH), 2004]. Pochi studi hanno esplorato esplicitamente l’uso della lingua durante le interazioni tra professionista sanitario e paziente; tuttavia, Hewison (1995) ha osservato gli infermieri durante le interazioni quotidiane con i loro pazienti e ha notato come il linguaggio è stato utilizzato come strumento per esercitare il potere e controllo sui pazienti. Questo articolo mette in evidenza il linguaggio utilizzato dalle ostetriche che descrivono le loro azioni per supportare le mamme che allattano. I risultati qui riportati sono un’analisi secondaria di dati raccolti in uno studio che esplora le opinioni delle ostetriche sull’alimentazione del bambino (Furber, 2004). Lo studio iniziale è stato sviluppato per la preoccupazione che le ostetriche non stessero seguendo le linee guida relative all’alimentazione del bambino. I risultati ottenuti mostrano che i pattern di comunicazione usati dalle ostetriche non sono sempre congruenti con un’assistenza personalizzata e centrata sulla donna. Da ciò, gli autori hanno deciso di analizzare nuovamente le interviste per esplorare l’uso del linguaggio da parte delle ostetriche nel raccontare le pratiche e le esperienze di allattamento.

Metodologia

Nello studio iniziale è stato utilizzato un approccio qualitativo e i dati sono stati raccolti e analizzati (Glaser, 2001). Trenta ostetriche sono state reclutate da due servizi di maternità guidati da consulenti nel nord dell’Inghilterra. Sono stati incluse ostetriche che si prendevano cura delle madri che avevano dato alla luce bambini sani. I dati sono stati raccolti utilizzando interviste approfondite registrate tra ottobre 1999 e ottobre 2001. Ogni intervista iniziava con la domanda “Mi dica le sue opinioni sull’alimentazione”. Ogni partecipante è stato incoraggiato a parlare apertamente delle proprie esperienze e idee, attraverso questi sondaggi sono state fatte domande per una comprensione più profonda. La maggior parte delle interviste si è svolta nei servizi di maternità locali, privati, con la durata di circa 75 minuti.  Durante il processo di analisi, le idee emerse dai dati sono state ulteriormente approfondite con i partecipanti dell’elenco dei volontari. I partecipanti sono stati selezionati utilizzando tecniche di campionamento teoriche. I dati trascritti sono stati analizzati e codificati utilizzando l’analisi riga per riga e tecniche di confronto costante (Glaser, 2001).

Analisi secondaria dei dati

L’analisi secondaria ha utilizzato il metodo dell’analisi del contenuto (Morse and Field, 1996; Burns, 2000). Le interviste sono state lette di nuovo, sistematicamente, per identificare i modelli relativi al nuovo obiettivo. I dati sono stati nuovamente codificati secondo gli schemi emersi. Alla fine, sono emersi due temi principali relativi all’uso della lingua.

Risultati

Partecipanti

19 dei partecipanti provenivano da un servizio di maternità e 11 erano da un altro. Le partecipanti alla ricerca erano tutte donne e con un’esperienza come ostetriche compresa tra 8 mesi e 31 anni. 22 ostetriche lavoravano solo negli ospedali, 6 erano ostetriche di comunità e 2 lavoravano in gruppi che operano sia in ospedale che in comunità.

Risultati relativi all’analisi secondaria dei dati

I due temi emersi erano:

  • linguaggio utilizzato per facilitare il processo decisionale informato; e
  • riconoscimento di come la comunicazione influenza la relazione tra l’operatore e la donna.

Questi temi sono riportati in questo documento.

Linguaggio utilizzato per facilitare il processo decisionale informato

Durante il dialogo nelle interviste, le ostetriche avevano parlato della motivazione delle donne ad allattare al seno. Questo ha portato a chiedere ulteriormente alle ostetriche delle decisioni informate e delle scelte alimentari e di come sono riuscite nel facilitare questi aspetti. Quando veniva investigato il significato di scelta informata, le ostetriche fornivano informazioni sui benefici dell’allattamento al seno come modalità prioritaria, piuttosto che fornire informazioni su tutte le opzioni di alimentazione del bambino:

Intervistatore: Cosa intendi per scelta informata?

Jayne: Intendo spiegare i costituenti del latte materno e come è sicuro dagli anticorpi sottolineando la protezione che il bambino guadagna. Inoltre, aiuta anche nel legame tra la madre e il bambino.

A volte, le ostetriche hanno descritto come loro linguaggio sia stato utilizzato per controllare l’interazione in modo tale da influenzare la decisione della madre relativamente all’alimentazione del proprio bambino. I dati illustrano che diverse ostetriche usavano parole che indirizzano la madre verso la decisione voluta dall’ostetrica (in questo studio l’allattamento al seno), piuttosto che facilitare una discussione completa sui benefici sia dell’allattamento al seno che del latte artificiale consentendo una decisione informata. In questo esempio, il linguaggio è stato utilizzato per accentuare i benefici di allattamento al seno rispetto all’allattamento artificiale:

Se qualcuno è indeciso [sul metodo di alimentazione], dico sempre, guarda, perché non provi l’allattamento al seno? E se non ti piace allora almeno l’hai provato. Onestamente, scoprirai che è molto meglio di quanto pensi (Dorothy).

Nella citazione qui sotto, Kathleen ha ammesso che lei utilizza il linguaggio per “convincere” le madri ad allattare sottolineando che “il seno è il migliore”:

Ci manipoliamo tutti a vicenda nel lavoro relazionale. Donne e ostetriche in un certo senso manipolano l’altro, perché penso la manipolazione sia una caratteristica umana, vero? Io non intendo la manipolazione in senso negativo… come, ad esempio, sbilanciando leggermente la mia argomentazione un po’ più a favore dell’allattamento al seno piuttosto che l’allattamento al biberon e sottolineando i rischi dell’alimentazione tramite biberon e benefici dell’allattamento al seno. È un po’ manipolativa, vero?

Altri hanno illustrato come si usava il linguaggio per evidenziare i vantaggi dell’allattamento al seno anche quando la madre aveva preso una decisione in merito al metodo di alimentazione. Questa citazione dimostra un atteggiamento denigratorio nei confronti della decisione di una madre di nutrire il suo bambino attraverso il latte artificiale:

Alcune donne, se sono abbastanza sicure, diranno: voglio allattare con il biberon! Dirò che è così va benissimo, ma ti darò qualche informazione sull’allattamento al seno, sta a te decidere se leggerlo. Spiego che il latte materno è fatto per il loro bambino, da loro, e poi lascerei a loro il prendere una decisione (Rebecca).

Una sottocategoria in questo tema riguarda i “termini vezzeggiativi” usati dalle ostetriche per riferirsi alle donne sotto le loro cure. Tredici delle 30 ostetriche intervistate chiamavano le madri “ragazze”. Vedi questi esempi di seguito:

Ci sono delle ragazze che pensano che i bambini succhino costantemente. (Carol)

Ho visto ragazze che hanno avuto una depressione postnatale…allattando al seno (Joanne)

Abbiamo molte ragazze che chiamano [il telefono linea di assistenza fornita dal personale ostetrico per un consiglio] dicendo che il bambino è stato attaccato al seno per 6 ore (Annie).

Diciannove delle ostetriche si riferivano alle madri chiamandole “signore”. Per esempio:

Una signora che ha avuto un bambino, la stavo aiutando a portare il bambino al seno. (Elena).

Direi a qualsiasi signora, direi un minimo di 2 settimane per stabilire una corretta routine (Jessica).

Riconoscimento di come la lingua influenzi la relazione tra ostetrica e donna

Alcune ostetriche hanno dimostrato di essere consapevoli del potere delle parole e l’effetto che queste possono avere. Dorothy ha riflettuto su come il linguaggio può interferire con la fiducia e la capacità decisionale materna nella gestione dell’alimentazione del proprio bambino. Dorothy ha indicato che il tono delle parole pronunciate può enfatizzare un approccio dominante da parte del personale medico che è stato associato al modello di cura descritto da Callaghan (1996):

Dorothy: Sento che negli anni abbiamo, demoralizzato è una parola troppo forte, ma credo abbiamo privato le donne del potere di essere responsabili di se stesse.

Intervistatore: In che modo?

Dorothy: Prendendo il controllo. Penso che sia una cosa prettamente medica; entriamo e pensiamo di dare l’impressione che io sia qui ora, piuttosto che sottolineare che è il tuo bambino e tu ce la puoi fare. E non credo proprio che ciò succeda con l’allattamento al seno, penso che succeda per tutta la gravidanza.

Andrea era preoccupata che le madri che allattavano artificialmente i loro bambini potessero sentirsi spossate e trascurate dalle parole che utilizzate dall’operatore sanitario che parlava con la madre accanto che allattava al seno. Delle inadeguate disposizioni sulla privacy nel reparto postnatale hanno consentito a tutte le madri di ascoltare i suggerimenti che venivano forniti:

Trovo difficile occuparmi di madri in un luogo dove ci sono formule di alimentazione differenti e alcune stanno allattando al seno. Sono sempre consapevole del fatto che ci sono solo tende a separare e che quindi ci sono altre mamme che stanno ascoltando quello che dici. Io non voglio far sentire una mamma che allatta con il biberon che sta facendo qualcosa di sbagliato per il fatto che sto incoraggiando la mamma che allatta al seno nel letto accanto. Lo trovo difficile”.

Jayne ha suggerito che la lingua, o le parole, scritte sono usate in modo eccessivo dal personale ostetrico invece che trascorrere del tempo faccia a faccia per comunicare con la madre dell’allattamento del bambino:

È una questione di tempo. Cioè, ho intenzione di esprimere a parole ora quello che ti ho detto negli ultimi mesi, quando avrai il tuo bambino vi aiuterò e vi assisterò nell’allattamento al seno. Ma spendiamo così tanti soldi per dire quanto sia buono l’allattamento al seno, che forse si dovrebbe spendere un po’ meno per tutti quegli opuscoli che diamo loro e iniziare a parlare con le donne, dando loro più tempo.

Discussione

Questa analisi ha illustrato come il linguaggio utilizzato possa essere uno strumento per indirizzare le madri verso la decisione preferita dalle ostetriche. Tuttavia, queste ostetriche non sono state osservate durante la loro pratica lavorativa quindi non possiamo essere certi che queste parole siano state utilizzate negli incontri con le madri. Una comunicazione efficace include l’interpretazione del linguaggio del corpo (McCabe e Timmins, 2006) e alle madri non è stata chiesta la loro opinione durante gli incontri con queste ostetriche.  L’osservazione delle ostetriche durante l’interazione con le madri avrebbe fornito maggiori informazioni circa la loro pratica. Gli uomini non sono stati reclutati per lo studio in quanto non lavoravano nei centri selezionati. Inoue et al. (2006) hanno scoperto che spesso gli operatori maschi usavano l’umorismo nelle conversazioni con le pazienti per superare i sentimenti negativi; quindi, è riconosciuto che gli ostetrici maschi possono usare il linguaggio in modi differente dalle donne, ciò potrebbe essere esplorato in futuro. Anche se i dati sono stati raccolti tra il 1999 e il 2001, è da evidenziare che pochi studi hanno esplorato l’uso del linguaggio nella pratica ostetrica e l’insoddisfazione per la comunicazione delle ostetriche (Nelson, 2006; McInnes e Camere, 2008). Cerve et al. (1997) hanno messo in guardia contro i dati raccolti in perché i principi guidano la raccolta e l’analisi dei dati dello studio originale potrebbero inibire un’adeguata esplorazione del fenomeno a causa della limitata variabilità dei dati. Un punto di forza di questo studio, invece, sono le tecniche utilizzate nelle interviste per incoraggiare le ostetriche a parlare liberamente e con parole loro (Legard et al., 2003). Inoltre, l’analisi secondaria è stata basata su tutti i dati raccolti (Burns, 2000). In questo studio, è stata utilizzata la definizione di decisione informata che segue: quando una scelta motivata è fatta da un individuo ragionevole che utilizza informazioni pertinenti sui vantaggi e gli svantaggi di tutte le possibili linee di azione, in accordo con le credenze della persona (Bekker et al., 1999). Le spiegazioni sul processo decisionale informato illustrano come le parole pronunciate si basino sul presupposto che la donna si affiderà alla maggiore conoscenza delle ostetriche e che allatterà al seno, poiché questa è descritta come la modalità migliore. Scott (2001) definisce questo come “influenza persuasiva” cioè la madre accetta i valori e le convinzioni di coloro che sono considerati competenti in questo settore, in questo caso l’ostetrica e le sue conoscenze sull’alimentazione del bambino. La manipolazione è evidente quando l’ostetrica concentra le informazioni fornite sulle decisioni relative all’allattamento prediligendo l’opzione che l’ostetrica preferisce: allattamento al seno piuttosto che allattamento artificiale (Scott, 2001). Inoltre, il linguaggio qui utilizzato suggerisce che la madre non abbia opinioni preconcette sull’alimentazione del bambino, o che le sue conoscenze e idee esistenti (sull’alimentazione artificiale) siano non valide o insoddisfacenti. Questo suggerisce che le ostetriche abbiano usato le parole per legittimare la loro conoscenza sull’allattamento al seno come modalità per esercitare potere sulla donna per assicurarsi che allatti al seno (Lanceley, 1985; Bradfield, 1996; Hewison, 1995; Lukes, 2005). Questo è noto come “potere informativo” (Laverack, 2005). Questi risultati sono simili ad altri studi sull’assistenza in maternità. Le madri australiane e nordamericane hanno riferito di sentirsi destinatarie di un linguaggio che suggeriva di conformarsi agli ideali degli operatori sanitari (Fenwick et al., 2003). Nel Regno Unito, Stapleton et al. (2002a) hanno scoperto che le ostetriche hanno fatto pochi tentativi per indagare le opinioni e i bisogni personali delle madri durante le consultazioni prenatali e hanno “pre-confezionato” le informazioni in un dialogo che ha scoraggiato ulteriori domande e un confronto. Dykes (2006) ha osservato le ostetriche parlare alle madri che allattavano al seno, utilizzando un’agenda programmata che ignorava il punto di vista della madre. Ciò contraddice le raccomandazioni legali e professionali del Regno Unito, secondo cui le madri dovrebbero essere incoraggiate a prendere le proprie decisioni in merito all’assistenza sanitaria (DoH, 1993, 2007; NMC, 2004a). Gli operatori sanitari sono stati spesso descritti come dominanti durante la gravidanza (Shapiro et al., 1983; Bradfield, 1996; Kent, 2000; Stapleton et al., 2002a; Shirley e Mander, 1996) e successivamente controllanti. Tuttavia, i termini usati in questo studio (ragazze e signore) possono rafforzare il senso di sottomissione materno (Scott 2001). Una “ragazza” è solitamente una bambina o una “giovane donna” (Sykes, 1977) che probabilmente ha poca esperienza e conoscenza e può essere percepita come incapace di prendere decisioni razionali. Una “signora” è la controparte femminile di un “gentiluomo” (Sykes, 1977) e ha connotazioni di alta classe sociale in cui una donna vive una vita di svago e le decisioni vengono prese per lei (Leap, 1992; Carboon, 1999). I termini qui utilizzati riflettono l’interazione genitore (cioè ostetrica) -bambino (madre assistita) (Hewison, 1995; Schmied, 1996) in cui l’ostetrica dirige e controlla l’incontro. Coloro che ricevono questi termini affermano di sentirsi trattate con condiscendenza, offese (Hunt e Symonds, 1995) e irritate (Brown e Draper, 2003). La proposta di Leap (1992) e Carboon (1999) di adottare la parola “donna” nell’assistenza alla maternità è appropriata. “Donna” è neutrale, riflette maturità ed equità e non ha connotazione di classe o status (Carboon, 1999). È stato incoraggiante sentire che alcune ostetriche erano sensibili all’impatto dell’uso delle parole, al modo in cui queste venivano pronunciate e potevano essere interpretate da altri (McCabe e Timmins, 2006). Dorothy era consapevole che il linguaggio e il tono utilizzati implicassero una posizione di passività della madre, e che quindi l’ostetrica controlla e gestisce la relazione (Callaghan, 1996). Le madri che hanno allattato artificialmente i loro bambini nei reparti postnatali hanno sentito un senso di “disapprovazione” per la loro scelta da parte delle donne vicine a loro che allattavano al seno (Burden, 1998), quindi la preoccupazione di Andrea di parlare di allattamento al seno appare come giustificata. L’affermazione di Jayne secondo cui la lettura di volantini relativi all’allattamento non sostituisce un’efficace comunicazione faccia a faccia concorda con altri studi. Stapleton et al. (2002b) hanno osservato le ostetriche distribuivano volantini alle donne in gravidanza senza discuterne il contenuto. Raisler (2000) ha riferito che le madri si sentivano sopraffatte dal volume di informazioni scritte che venivano distribuite. Questo non è ciò che desiderano le madri; vorrebbero, infatti, che le ostetriche possano trascorrere del tempo con loro, rassicurandole e sostenendole nell’alimentazione (Hoddinott e Pill, 2000; Raisler, 2000; Graffy e Taylor, 2005; Nelson, 2006). I risultati riportati, tuttavia, dovrebbero essere considerati all’interno del contesto e dell’ambiente in cui queste ostetriche hanno lavorato (Furber, 2004). Una delle maggiori pressioni a cui sono sottoposte le ostetriche è il carico di lavoro eccessivo percepito dovuto a un numero insufficiente di ostetriche (Furber, 2004; Furber e Thomson, 2007). Queste ostetriche hanno mostrato un utilizzo del linguaggio per controllare l’interazione limitando le informazioni in quantità e contenuto. Il controllo dell’interazione da parte del lavoratore (in questo caso l’ostetrica) riduce il tempo necessario da trascorrere con l’utente (cioè la donna) e limita l’ulteriore richiesta del lavoratore (Lipsky, 1980). Inoltre, va notato che non tutti i risultati dello studio iniziale mostrano risultati negativi nella pratica lavorativa di queste ostetriche. Difatti diverse ostetriche hanno riferito di usare tecniche comunicative maggiormente sensibili (Furber e Thomson, 2008a).

Implicazioni per la pratica e conclusioni

I risultati di questo studio indicano che il linguaggio può essere usato per indebolire la capacità decisionale delle donne. Altri studi hanno affermato che il linguaggio sottolinea le differenze di potere durante le interazioni sociali (Lanceley, 1985; Shirley e Mander, 1996). Il linguaggio comunica idee e credenze (Reibel, 2004); pertanto, le informazioni fornite da figure autoritarie, come le ostetriche, possono indirizzare una scelta, se comunicate con sicurezza a persone vulnerabili, come le madri in gravidanza (Hastie, 2005). Perciò il linguaggio dovrebbe essere considerato attentamente al fine di promuovere una prospettiva imparziale che consenta al destinatario di prendere la decisione migliore per se stesso (Laver ack, 2005). Per un lavoro volto al benessere, le madri richiedono informazioni in maniera non direttiva e giudicante, con l’opportunità di considerare tutte le opzioni e la possibilità di saperne di più, se necessario (DoH, 2004; Laverack, 2005). Ma soprattutto, le madri desiderano che le ostetriche ascoltino i loro bisogni (Redshaw et al., 2007). È più probabile che un dialogo che incoraggi una comunicazione bidirezionale possa promuovere una partecipazione equa e che ciò permetta alle donne di prendere le decisioni circa l’alimentazione del proprio bambino (Rapley, 2001; Laverack, 2005). Facilitare una decisione informata sulla modalità di alimentazione richiede strategie di comunicazione efficaci da parte delle ostetriche (Rapley, 2001; White et al., 2003; Edwards, 2004). Le donne spesso prendono decisioni sulla modalità di alimentazione prima di incontrare le ostetriche (Bolling et al., 2007) senza considerare tutte le opzioni (Rapley, 2001). Il ruolo dell’ostetrica è quello di esplorare la logica alla base del processo decisionale delle donne, in modo che la donna possa riflettere e considerare la possibilità di utilizzare il latte artificiale, se ritenuto appropriato (Rapley, 2001). Le donne che dichiarano di essere indecise mostrano che hanno bisogno di più tempo per riflettere e di avere più informazioni su cui basare la propria decisione. Per aiutare le ostetriche a sviluppare le proprie strategie di comunicazione, è stato adattato il modello di “processo decisionale condiviso” di White et al. (2003). Sono necessarie due abilità fondamentali per facilitare un processo decisionale informato:

  • informarsi su informazioni, valori, convinzioni e preferenze esistenti;
  • illustrare informazioni non note, evidenze cliniche, problemi pratici, vantaggi e svantaggi.

L’indagine implica l’uso di domande aperte (White et al., 2003; McCabe e Timmins, 2006) per esplorare le conoscenze, le informazioni, le idee, le convinzioni, i valori e le preferenze esistenti. Gli esempi includono: “Perché hai deciso di allattare con latte artificiale?” e “Cosa sai sull’allattamento al seno/allattamento artificiale?”. Altre domande aperte possono essere utilizzate per esplorare ulteriormente idee, come “Perché ti senti così?” e “Come pensi che possa accadere?”. Dopo aver ascoltato attivamente (White et al., 2003; McCabe e Timmins, 2006), le ostetriche dovrebbero correggere qualsiasi informazione errata (soprattutto sull’allattamento al seno) e assicurarsi che la donna sia consapevole di tutti i vantaggi e gli svantaggi di entrambe le modalità di alimentazione. Le informazioni dovrebbero essere fornite utilizzando un linguaggio comprensibile e in modo non accondiscendente (McCabe e Timmins, 2006). Alla fine del dialogo, l’ostetrica dovrebbe rivedere la discussione utilizzando un’altra domanda aperta: “Tra le opzioni che abbiamo discusso, quale ritieni sarebbe la migliore per te?” (White et al., 2003). Le ostetriche hanno il dovere di fornire assistenza sulla base delle migliori evidenze disponibili (NMC, 2008) e l’allattamento al seno è indiscutibilmente la nutrizione ottimale per un neonato (Horta et al., 2007), con benefici anche per la salute della madre (Ip et al., 2007). Le donne che si fidano degli operatori sanitari trovano più facile porre domande ed essere più attivamente coinvolte nel processo decisionale (Kirkham e Stapleton, 2004). Le ostetriche devono riconsiderare le loro pratiche di lavoro per migliorare quelle che promuovono la fiducia, come la continuità delle cure (Kirkham e Stapleton, 2004) e l’ascolto attivo (McCabe e Timmins, 2006). Le madri hanno espresso insoddisfazione per il supporto degli operatori sanitari all’inizio dell’allattamento, specialmente negli ospedali (Green et al., 1998; Mozingo et al., 2000; Raisler, 2000; Dykes, 2006). Il linguaggio usato nelle interazioni sanitarie è raramente riportato in letteratura; quindi, appare rilevante proporre una ricerca per comprendere l’impatto che il linguaggio ha su coloro che si rivolgono ai servizi sanitari. Nel Regno Unito, lo sviluppo di competenze comunicative competenti è fondamentale nella formazione ostetrica (NMC, 2004b, 2007). I workshop sulla comunicazione dovrebbero diventare una norma per formare personale qualificato (Zoppi e Epstein, 2002; DoH, 2006). Infine, nei reparti di maternità, andrebbe considerata la posizione delle madri nella scelta del metodo di allattamento.

Riflessioni

Dopo aver letto questo articolo mi pare utile soffermarsi sul fatto che l’attitudine e la relazione sono elementi centrali nel dirigere la comunicazione. La qualità della comunicazione è un punto chiave per l’instaurarsi di un clima di fiducia, per una corretta informazione che predispone a processo decisionale informato e alla continuità delle cure. Le madri, in questo caso, chiedono informazioni chiare, onestà, supporto emotivo e rispetto per poter compiere una scelta ragionata. Dare una serie di informazioni è legato all’abilità del personale nel saper comunicare e fornire scarse informazioni può portare a sentimenti di sfiducia nei confronti degli operatori sanitari. Per tale motivo appare importante che gli operatori sanitari abbiano accesso ad una formazione adeguata: è necessaria un’assistenza personalizzata, sensibile e continua da parte dell’equipe medica che non dovrebbe giudicare ma comprendere la scelta della madre e della coppia. Nello specifico, trattare l’altro pensando di avere in mano la verità, non rispetta né aiuta l’altro che sta soffrendo o vivendo un momento di transizione. Questo studio mostra che il ruolo dell’operatore materno infantile viene ancora pensato come a qualcuno che dirige verso la “scelta giusta“, indirizzando la coppia verso la forma di alimentazione che l’operatore ritiene più corretta, senza considerare i bisogni e le necessità di quella specifica coppia. In questo modo, l’operatore destituisce la coppia e la donna dal ruolo genitoriale e quindi dalla responsabilità di assumersi la propria scelta.