Come la Pandemia ha cambiato il Vissuto della Maternità: sani e soli come numeri primi

UNO STUDIO PSICOLOGICO SUI NEO GENITORI ITALIANI

La pandemia di covid -19 ha cambiato il vissuto della maternità in modo determinante sia dal punto di vista pratico-assistenziale, sia soprattutto dal punto di vista emotivo.

Com’è cambiata l’esperienza dei neo genitori rispetto al periodo pre-pandemia? 

Quali emozioni hanno caratterizzato madri e padri?

Quali difficoltà e disagi si sono trovati ad affrontare le coppie in questo periodo?

Per rispondere a queste domande l’Area Perinatale della  SIPRe di Milano, che ha come referente Marcello Florita, si è avvalsa di un sondaggio, denominato “Maternità e Pandemia”, creato in collaborazione fra psicologi perinatali e professionisti ostetrici, e divulgato online tra i mesi di aprile e luglio 2021.

CARATTERISTICHE DELLO STUDIO

Si tratta di uno studio multicentrico longitudinale che è stato esteso a tutte le regioni italiane, sebbene la quantità più rilevante di risposte è pervenuta dalle regioni Marche (44,3%), Lombardia (29,4%) ed Emilia Romagna (11,5%).

Il campione è composto di 240 soggetti, di cui 96,6% madri (77,9% puerpere, 18,7% gestanti) e 3,4% partner.

La maggior parte degli utenti che hanno fornito risposta si trovavano alla prima gravidanza (72,6%), con un’età tra i 30 e i 40 anni (75,8%) ed un livello di istruzione elevato (75% tra laurea e post-laurea).

Per indagare l’esperienza emotiva di madri e partner sono state previste 7 domande a risposta chiusa riguardanti il vissuto nel periodo perinatale (con una scala di risposta di 5 gradi di accordo da “per nulla” a “moltissimo”), ed una ulteriore domanda che rilevava invece l’intensità percepita di dieci stati comprendenti emozioni e stati d’animo.

RISULTATI 

Dall’analisi dei dati è emerso che la maggior parte dei soggetti ritiene di aver vissuto un’esperienza di gravidanza e parto influenzata negativamente dalla pandemia di covid -19 (63,9%).

Il 67,8% del campione ha vissuto la maternità con emozioni di ansia e paura riguardanti la situazione della degenza ospedaliera e l’evento parto, in quanto caratterizzati da restrizioni e misure di sicurezza dovute alla diffusione virale.

Dai dati risulta che soltanto il 41,6% ha trovato difficile reperire informazioni e assistenza durante la gravidanza (corsi di accompagnamento alla nascita collettivi e individuali).

In generale la maggior parte del campione si è sentito supportato dal personale ostetrico infermieristico nei reparti (73,3%) e sente di aver trovato un’adeguata assistenza nella degenza ospedaliera (78,9%).

E’ stato poi indagato il livello percepito di emozioni quali gioia, tristezza, paura, rabbia e stati d’animo quali vergogna, senso di impotenza, solitudine, amore, colpa e serenità.

Gli elementi vergogna e colpa sono stati vissuti in modo lieve dalla maggior parte degli utenti, rispettivamente il 79% e il 71,6% hanno affermato di percepirle con intensità 1 (visual scale 1-5); mentre i seguenti stati “negativi” sono stati avvertititi maggiormente rispetto ai precedenti: paura (64,6%), solitudine (64,5%), impotenza (61,5%), tristezza (57%), rabbia (50%).

Gli stati “positivi” sono comunque stati vissuti in maniera intensa: amore (97,9 %), gioia (90,8%), serenità (67%). In entrambi i casi tali percentuali sono la risultante di risposte in cui il valore percepito era tra 3 e 5 (range 1-5).

Madri e padri ritengono che 2 elementi hanno avuto una notevole influenza sulle difficoltà nel vivere questo periodo:

  1. la vicinanza dei propri cari (l’85,2% ha vissuto negativamente il distanziamento sociale dai familiari!)
  2. la presenza di uno psicologo nei reparti materno-infantili (il 91% ritiene sia stato un elemento utile che ha garantito il sostegno necessario e, laddove i dipartimenti ne erano carenti, reputa che sia d sopperire).

CONCLUSIONI 

Il benessere psicologico di madri e padri durante il periodo della maternità è un diritto fondamentale, ma è anche un fattore determinante per la salute del feto e della triade e,  in quanto tale, va salvaguardato anche in periodi di criticità come quelli delle pandemie virali o di altre simili emergenze sanitarie che privano il vissuto della nascita della sua umanità e condivisione.

Nonostante la preponderante presenza di emozioni quali ansia e paura, risulta che amore e gioia guidino il vissuto di ogni neo genitore, compensando così l’intenso vissuto di paura, impotenza e solitudine.

Si deduce che al fine di avere un’assistenza migliore sarebbe auspicabile garantire, quanto più possibile, e secondo le misure di sicurezza necessarie, la presenza di una persona di fiducia al fianco della donna, che – al pari di periodi pre-covid – può garantire il necessario supporto in un momento così delicato.

La ricerca mette alla luce in modo chiaro che i neo genitori, le madri in particolar modo, rilevano la necessità di poter avere a disposizione un sostegno psicologico in gravidanza e parto.

La presenza di una figura di riferimento nei reparti materno-infantili, quale lo psicologo perinatale, avrebbe infatti un ruolo decisivo nel favorire che, anche in condizioni difficili, il vissuto della nascita resti positivo.

Questa figura professionale, infatti, ha competenze che mirano ad attivare risorse endogene di resilienza emotiva, e ha la mission professionale di attivare un processo di salutogenesi attraverso l’attenuazione di emozioni depotenzianti in favore di emozioni virtuose, riducendo così la produzione di catecolamine nel corpo della gestante e della nutrice.

Con ogni probabilità, e a prescindere dal periodo pandemico, implementando l’assistenza con una figura professionale che affianchi la gestante, si può garantire che la maternità venga vissuta positivamente.

Come suggerisce Marcello Florita, psicoterapeuta e psicoanalista esperto di psicologia perinatale: “La prevenzione del contagio ha portato tutti i reparti materno-infantili  a limitare i contatti umani, senza considerare che questi sono vitali in un periodo di transizione, e quindi di alta vulnerabilità, come quello della nascita di un figlio. Mamme e Papà sono stati separati, trovandosi a vivere un’esperienza così delicata in solitudine senza il partner, e dunque senza la risorsa di essere insieme in tre (madre-padre-bambino o partners+bambino). E’ chiaro che ciò è avvenuto per prevenire le infezioni, ma forse non si è considerato abbastanza il valore, per il benessere psicologico, dell’essere trattati e pensati come triade. In molti ospedali, ma non in tutti, l’emergenza sanitaria ha destituito il padre del suo ruolo e riportato il momento nascita solo e tutto sulla madre, e così la triade si è trasformata in un insieme di numeri primi. Questo non ha fatto che portare a galla un problema endemico dei nostri ospedali, l’assenza, ahimè ingiustificata, di figure di psicologi ospedalieri di supporto in epoca perinatale“.

30 agosto 2021

Dott.ssa Ost. Benedetta Dini